Siediti a tavola e ti dirò chi sei.

Esiste un codice di comportamento che i commensali si ritrovano a rispettare da secoli. Lo si tramanda, lo si studia, talvolta rispettarne alla lettera i suggerimenti è d’obbligo. È il Galateo, oggi ampiamente riscoperto grazie ai nuovi paladini delle buone maniere e ai numerosi percorsi di studio a disposizione di professionisti e per coloro che ne fossero affascinati.

Il nome Galateo, /ga·la·tè·o/, si legge sia la “latinizzazione” del nome di battesimo del vescovo di Sessa Galeazzo Florimonte (1503-1556), che diede a Monsignor della Casa l’idea di scrivere il libro “Galateo ovvero de’ costumi”, uno dei trattati più noti e diffusi di regole per ogni aspetto della vita sociale, anche se l’origine risale ai tempi dell’antica Grecia, quando i filosofi come Platone e Aristotele iniziarono a scrivere sull’argomento. Tuttavia, il Galateo come noi lo conosciamo oggi, è stato sviluppato principalmente nel tardo Medioevo, quando l’aristocrazia italiana iniziò a definire le norme di comportamento nelle proprie corti.

Oggi parlare di Galateo sembra affare di altri tempi, una materia vetusta insegnata al collegio, oggi in disuso.
Ma non è così, soprattutto quando si tratta di sedersi ad una tavola, come ospiti di amici e al ristorante, o si trat-ta di organizzare un servizio, come professionisti.
Il Galateo, si sa, è un codice comportamentale che investe molti aspetti della vita di relazione, ma sembra che sia proprio il sedersi a tavola il momento della prova del nove: sai come si toglie una lumaca dal guscio? Sai quale è la posata corretta per la fonduta piemontese? E se sei un cameriere, come capire se il commensale ha realmente terminato di cenare?

Da ospiti, assistiamo ad una vivace rinascita di pubblicazioni sulle buone regole da adottare quando ci si siede a tavola, così come iconici sono diventati alcuni personaggi televisivi, prima fra tutti la conosciutissima (e temutis-sima) Csaba Della Zorza, famosa esperta di etichetta e galateo. Tra le sue “pillole” di corretto comportamento, troviamo indicazioni indiscutibili come quella di occupare solo il posto a tavola assegnato dal padrone di casa, non appoggiare i gomiti, non versarsi il vino da soli, non leggere il menu ad alta voce, non soffiare sul cibo prima di portarlo in bocca, scegliere la posata giusta per la pietanza giusta, e così via.

E se da una parte noi commensali possiamo affidarci ai nuovi ambasciatori del “bon ton”, dall’altra esistono scuole e accademie destinate specificatamente alla formazione di maître e camerieri. Questi istituti insegnano le regole del servizio efficiente per soddisfare appieno le esigenze degli ospiti.
Si parte dalla base, ovvero la corretta apparecchiatura, sino alla conoscenza delle molte tipologie di servizio, delle materie prime, delle tecniche di lavorazione dei piatti, della storia di una ricetta, dell’abbinamento ideale con il vino.

La lista del corretto comportamento a tavola potrebbe essere più ampia di quello che ci immaginiamo, sia per chi è ospite o cliente, sia per gli operatori. Non solo perché sono cambiate le abitudini sociali, ma anche perché la ristorazione di oggi, innovativa e contaminata da altre culture, non avrebbe più spazio nello storico manuale del “perfetto cortigiano” di Monsignor Della Casa.
Un esempio. Ci troviamo ad una cena dal mood orientale e, ohibò, non ci sono le tanto amate-odiate chopstick. Avrà sbagliato il cameriere o chi ci ospita? Niente affatto, le specialità sono Tailandesi e in quella regione dell’Asia si mangia con forchetta e cucchiaio…

Cosa significa questo? Che un Galateo della tavola definitivo non esisterà mai.
La cucina di tutto il mondo è in continua evoluzione, tra contaminazioni culturali, sperimentazione, innovazione. La materia prima non è più la stessa, le modalità di lavorazione o di cottura non sono più le stesse. Con l’avvento della sostenibilità anche gli stessi produttori di bicchieri o di posate, stanno introducendo materie e forme inno-vative eppur sempre dal design elegante e tradizionale.

Le buone maniere della tavola esisteranno sempre laddove esisterà il senso di condivisione sociale, ci aiuteranno a far valere il rispetto dello spazio reciproco, le pause tra una conversazione e l’altra, ad ascoltare il commensale che ti siede accanto, ad usare un tono di voce che permetta a tutti di partecipare al dialogo, a comprendere la discussione, e così via.
Chi sceglie invece, da professionista, di entrare nel mondo della ristorazione di oggi, con tutte le sue tecniche e regole comportamentali, sa che non basterà conoscere la differenza tra il servizio alla francese o quello all’inglese. Il Galateo tanto invocato dai cortigiani del Rinascimento oggi ha che fare con la domanda di un servi-zio di altissima qualità, soprattutto creativo, coinvolgente a tal punto da far scattare la conversazione. Che faccia bene al palato e che faccia stare bene l’ospite, allo stesso livello.

Qualcuno infine si chiederà se esistono scuole di Galateo. Certo che sì, una tra le più autorevoli è L’Accademia Italiana di Buone Maniere, Galateo e Costume di Roma, con sedi anche a Milano, Firenze e Napoli, che si pone come punto di riferimento per quanti vogliono studiare ed approfondire la tematica.
Per chi volesse studiare da professionista della ristorazione, ci sono i corsi della storica ALMA Scuola Internazio-nale di Cucina Italiana, o quelli proposti dall’Accademia Food&Wine di Gambero Rosso

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